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I feudi imperiali fra il Monferrato e le Langhe nella prima età moderna. A margine di ricerche e interpretazioni saggi mantovano, li rendeva gli unici e i soli depo- sitari dei diritti cesarei in Italia. Certo, a dare agio a ragionamenti tanto sof- sticati erano i confni persistentemente inde- fniti. La stessa città di Alba, nella trattatisti- ca e nella cartografa rinascimentale, aveva oscillato fra una piena appartenenza al Mon- ferrato – così era per Biondo Flavio, che la collegava a Monticello, Santa Vittoria, Pol- lenzo, Ceva e Cortemilia – e una più generi- ca inclusione fra i centri urbani sabaudienses, fra i quali una fonte autorevole come Vola- teranno la citava insieme con Asti e perfno con Alessandria e Acqui e, di nuovo, Pollen- zo e Ceva . Dubitare del fatto che Alba fosse 51 in realtà uno dei tre poli del Monferrato, con Casale e Acqui, era ardito e improbabile, ma nel momento dell’annessione al ducato di Savoia la politica andava giustifcata anche attraverso la geografa, ed è così che nella Corona reale di Savoia di Francesco Agostino della Chiesa (1655) il luogo è decantato per aver dato i natali all’imperatore Pertinace e Fig. 10. Frontespizio dell’opera di A. Gatto, Jurium per aver da sempre fornito servitori fedeli Sacri Romani Imperii et libertatis provinciæ Langa- al Piemonte come i Belli e i Pergamo . Se- 52 rum in Italia, Mediolani 1712 guiva, però, una precisazione inquietante: Ceva, Cherasco et Alba, serve di antemurale «la verità è ch’ella non è in Monferrato né al consortile di Novello» . La conclusione bat- in Piemonte, e tanto meno nel marchesa- 49 teva sul «valore inestimabile di qualonque to di Saluzzo, ma bene nella Liguria, e così feudo delle Langhe» e, nel linguaggio misto capo delle Langhe» . Situandola in ambito 53 del latino camerale e dell’italiano corrente, extra-sabaudo, della Chiesa perdeva di vista si auspicava che i loro vassalli scuotessero l’opportunità di ascrivere idealmente anche il giogo («jugum excutiant») delle fedeltà i feudi imperiali al dominio sabaudo e non sabaude già estorte con l’inganno e la pre- stupisce che l’imponente produzione docu- potenza. mentaria di fne Seicento vada invece nella Dal canto loro, i diplomatici sabaudi – fra direzione opposta. Se a metà secolo era già cui Pierre Mellarède, savoiardo, e l’oriundo molto poter vantare Alba, recente conquista, conte Luigi Malabaila di Canale che costrui- fra i luoghi ligi ai Savoia, pochi decenni più rono le loro carriere grazie ai successi ripor- tardi l’operazione di omologazione del terri- tati a Vienna – accanto a ragioni più scon- torio alle esigenze dinastiche avrebbe posto 50 tate, come il proverbiale banditismo delle problemi più stringenti, e suggerito risposte terre imperiali, ponevano sul piatto la carta giuridicamente ben più sottili. Il tutto era in del vicariato. La prerogativa, goduta a inter- linea non solo con le mire espansionistiche, mittenza anche dai Gonzaga ma soggetta a giustifcate peraltro come necessario riempi- regole ferree, poneva i Savoia al primo po- mento di uno spazio sempre più organico, sto nella gerarchia dei sudditi dell’impero, ma anche con la riprogrammazione delle ciò che, nel mutato quadro delle alleanze suddivisioni amministrative che andava in- internazionali e in pieno declino spagnolo e teressando l’intero stato. 44